Zelda Fitgerald

Zelda Fitzgerald, la scrittrice icona dei ruggenti anni Venti

Per molti scandalosa, per altri semplicemente spavalda fino all’insolenza, Zelda Sayre Fitzgerald (1900-1948) è una di quelle figure che in un modo o nell’altro lasciano il segno. Un segno che ha ustionato chi l’ha conosciuta, corroso chi l’ha amata perdutamente come il marito, lo scrittore Francis Scott Fitzgerald. Una grande passione la loro, nata d’emblée durante un ballo nella caldissima estate del 1918, rinsaldata in un’unione favolosamente folle e disgregatasi poi per gli eccessi di entrambi.

Chi è stata Zelda Fitzgerald

Bellissima, appassionata, divorata interiormente da una febbre per la vita che la condusse progressivamente alla follia, Zelda Fitzgerald fu l’essenza meravigliosamente invasata dell’era del jazz. La flapper che ballava indemoniata il charleston fino al mattino, che beveva alcol a fiumi, che si gettava senza vestiti nell’ acqua gelida. New York, Parigi, Roma, il mondo sembrava troppo piccolo per contenere tutta quella sua sete di vita. Quel sangue martellante che ogni giorno le faceva quasi esplodere il cuore.

Da lei, musa volubile e capricciosa, il marito trasse ispirazione per i personaggi più celebri dei suoi romanzi, a partire da Rosalind Connage, protagonista di Di qua dal paradiso. Non solo, ma fu proprio Zelda a trovare il titolo del romanzo più celebre di Fitzgerald: Il grande Gatsby.

Ma sotto quella vernice patinata di coppia irresistibilmente spregiudicata e alla moda le crepe correvano ormai sempre più rapide. Sempre più insanabili. Anche l’unico romanzo scritto da Zelda Lasciami l’ultimo valzer fu causa di bisticci e gelosie devastanti. La resa dei conti si faceva temibilmente più vicina, mentre Zelda Fitzgerald soccombeva alla schizofrenia e i suoi comportamenti diventavano di giorno in giorno più imprevedibili e rissosi.

Un incendio divampato nella casa di cura in cui si trovava ormai da tempo mise fine alla vita di una donna che fin dalla giovinezza aveva corso all’impazzata, corteggiato quotidianamente l’eccesso, abbracciato in un volo forse senza speranza, ma vitale fino allo spasimo, il limite estremo dell’esistenza.

Foto | Studio photographer, Public domain, da Wikimedia Commons

Giorgio Podestà

Avatar Giorgio Podestà

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.