Considerato oggi il fondatore del realismo socialista Maksim Gor’kij (1868-1936 – scritto anche Gorky o Gorkij), ebbe una giovinezza povera e avventurosa, segnata da lutti gravi come la morte della madre quando era ancora un bambino e quella dell’amatissima nonna (a lei deve quasi certamente il suo grande amore per il racconto popolare) solo qualche anno più tardi. Una scomparsa che lasciò il futuro scrittore così prostrato da tentare il suicidio. Fu proprio dopo questo tragico episodio che Gor’kij iniziò l’infinito viaggio attraverso l’Impero russo.
Chi è stato Gor’kij
Lungo la strada, per ben cinque interminabili anni, l’uomo fece i lavori più disparati: sguattero su un battello del Volga, fornaio in un piccolo paese, guardiano notturno in una sperduta città. Ovunque vedeva miseria e sofferenza, ovunque povertà e disillusione gli venivano incontro. I suoi scritti diventarono così specchio fedele di questa realtà drammatica a un passo dalla grande rivoluzione che da lì a qualche decennio avrebbe travolto la dinastia plurisecolare dei Romanov.
La vera svolta tuttavia avvenne a Mosca soltanto anni dopo nel 1902, quando in una strada secondaria e appartata, Stanislavskij, grande riformatore del teatro russo, decise di mettere in scena Bassifondi, una dramma scritto da Gor’kij. Il successo fu inaspettato e clamoroso; l’autore dalla sera alla mattina si trovò a essere (così venne infatti chiamato da più parti) il massimo scrittore proletario del mondo. Un trionfo che non piacque certo alla classe dirigente che lo condannò all’esilio in Crimea. Tornato libero, Gor’kij iniziò a viaggiare per l’Europa, soggiornando anche nella nostra Capri. Di questo periodo è La Madre, uno dei suoi massimi capolavori.
Dopo la caduta dell’Impero zarista e l’avvento del Comunismo, l’autore godette di grande popolarità tra le nuove leve del comando. Lo scrittore e storico Solženicyn tuttavia lo accusò non solo di indifferenza nei confronti dei tanti deportati nei gulag della lontana Siberia, ma di essere stato anche causa della fucilazione di un giovane. Vicende mai del tutto chiarite che comunque continuano ancora oggi a offuscare l’immagine del grande scrittore.
Gor’kij morì il 18 giugno 1936 a Mosca. Da allora molte voci sono corse sulla sua morte, ventilando anche la possibilità (forse non del tutto remota) di un avvelenamento da parte dello stesso Stalin.
Tre imperdibili libri di Maksim Gor’kij
Alla penna di Maksim Gor’kij si debbono romanzi che, a cavallo tra Ottocento e Novecento, hanno dato vita e sostanza al realismo socialista. Grazie a lui, l’oppresso, il povero, il diseredato divenne finalmente protagonista, rivendicando per sé l’attenzione del mondo, l’occhio e il cuore di un pubblico fino ad allora troppo lontano e distratto. Vediamo allora più da vicino alcune delle sue opere più amate e celebri. Tutte pietre miliari della letteratura russa di primo Novecento.
La madre
Pubblicato per la prima volta nel 1906, La madre è innanzitutto la storia di una vera e propria emancipazione. Di una riscossa, potremmo anche chiamarla così, personale e sociale. Protagonista del romanzo di Gor’kij è la vedova Pelageja Nilvona Vlasova che, dopo la morte del marito – un povero alcolizzato senza arte né parte – trova nelle fede politica del figlio, giovane operaio socialista, un motivo di riscatto. Giorno dopo giorno vediamo così crescere in lei una nuova e dirompente consapevolezza. Consapevolezza che la porterà a essere via via un’attivista del movimento, a diventare nel momento del bisogno la madre di tutti i compagni del figlio e infine a morire nei primi tumulti, forieri della rivoluzione che, da lì a pochi anni, avrebbe travolto la Russia e la dinastia plurisecolare dei Romanov.
Storia di un uomo inutile
Il romanzo scritto da Maksim Gor’kij nel 1908, ma pubblicato solo nel 1913, ruota attorno all’attività di spionaggio nella Russia zarista. Prima spia ad apparire nell’opera è un vecchio libraio che vende segretamente opuscoli propagandistici ai socialisti per poi in un secondo tempo denunciarli alla polizia. Morto l’uomo, la polizia costringe il suo giovane garzone a fare altrettanto. Nonostante le sue simpatie siano tutte per i rivoluzionari, il giovane e debole Klimkov continua il doppio gioco fino a quando, cercando di rivalersi agli occhi dei compagni, tenterà di uccidere il capo della polizia. Il fallimento di questo suo gesto estremo avrà ahimè tristi conseguenze. A Klimkov non resterà infatti che togliersi la vita.
I nemici
Dramma teatrale del 1906, considerato uno dei primi esempi di quel realismo socialista di cui Gor’kij fu l’indiscusso padre. Ambientato in una fabbrica nella Russia pre-rivoluzionaria, I nemici vede lo scontro tra visioni opposte. Il legittimo desiderio di riscatto delle classi proletarie, il progressismo di alcuni e la cecità reazionaria di altri. L’opera, lo ricordiamo en passant, venne allestita a Mosca solo nel 1935.
Alcune frasi di Maksim Gor’kij
- Chi sa capire tutto è molto infelice.
- Coi pensieri bisogna avere qualche riguardo, perché nessuno sa quali siano i giusti e quali no. Di tutte le beffe che la sorte serba all’uomo, non ce n’è una più tremenda d’un amore non corrisposto.
- Esistono degli uomini che non possono avere più nessun conforto, tranne l’illusione.
- Gli uomini provano poca ammirazione per la meravigliosa magnificenza dei cieli.
- Gli uomini sono abituati a vivere come se Dio li avesse messi in terra perché si prendessero beffe l’uno dell’altro.
- L’amore è una malattia dell’immaginazione.
- L’uomo non vive di pensieri, ma di un desiderio che non è meditato.
- La libertà è un’illusione menzognera.
- Ogni uomo è servo di diverse cose; il diavolo della sua cattiveria, e il Signore Iddio, se esiste, lo è delle sue opere, incomprensibili per la ragione umana. Ecco che cosa penso della libertà.
- Ognuno sia sacro a se stesso. Ecco. Appunto così: ogni uomo sia per se stesso sacrosanto!
- Qualunque mendicante sa che il vero baluardo della vita e la vera difesa dell’uomo sono la ricchezza e la proprietà.
- Quanto più si accumulano le ricchezze, tanto più negli uomini cresce e si esaspera l’invidia.
- Si racconta che il diavolo è stato il primo a fare l’acquavite. Per una buona azione sia detto “grazie” anche al diavolo.
- Talvolta, la menzogna dice meglio della verità ciò che avviene nell’anima.
Foto | Макс Владимирович Альперт, Public domain, attraverso Wikimedia Commons
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