Maria de Maria

Maria de Maria, tra Rilke e la nostalgia per la madre

Vi sono perdite che segnano nel profondo. Assenze che tracciano solchi incolmabili nell’anima di ciascuno di noi. La morte della madre, quando Maria de Maria (1918-1971) era solo una bambina di pochi anni, causò in lei, come è facile immaginarsi, un dolore straripante che solo la poesia riuscì, almeno in parte, ad arginare.

La poesia di Maria de Maria

Una mancanza, quella materna, che informò quasi tutta l’opera della poetessa; versi, dove si avverte forte e acutissima l’influenza dell’amato Rainer Maria Rilke. Tre raccolte poetiche in vernacolo e in lingua italiana che ogni volta, senza mai sgarrare o appannarsi, esprimono un talento vibrante di umanità, di intima e partecipata comprensione della sofferenza, della bellezza naturale che, nelle sue strofe, diventa aperta manifestazione della benevolenza di Dio, della sua infinità grandezza.

La vita di Maria de Maria tuttavia si svolse, almeno dal punto di vista esclusivamente geografico, in un cerchio a corto raggio, interamente racchiuso nella cittadina di Palmi, dove nacque nel febbraio del 1918 e morì precocemente nell’ottobre del 1971 a soli 53 anni.

La sua ultima raccolta Bagliori d’Eterno uscì, infatti, solo postuma nel 1982, grazie all’impegno e la volontà della sorella. Un’opera che ci appare come l’estrema prova di una vocazione intensa per la poesia, quel sublime fragile e umanissimo che fin da piccola aveva nutrito il cuore della poetessa, la cui caparbietà l’aveva portata a terminare gli studi nonostante difficoltà e impedimenti. Un impegno costante, coronato dal riconoscimento del Premio Villa San Giovanni per la sua opera prima: Scogghiu sulu; raccolta poetica in dialetto calabrese che diede inizio a un percorso lirico di innegabile intensità emotiva.

Una sua poesia: Chi nci vozi

Qui di seguito un breve, ma pregno, assaggio di quel suo inconfondibile genio, nato e cresciuto sulle rive della favolosa e sempre incantata Costa Viola:

Chi nci vozi m’arridi ‘u me’ ortu?
Mi nesci ‘na spera di suli…
Chi chiantu, pe’ tutta ‘a matina!
non c’era ‘na rrama,
non c’era ‘nu hiuri,
‘na fogghia,
senza lagrimi… quali duluri
faciva suffriri ‘i me’ hiuri?
Ora ‘u sacciu: volivanu ‘ suli.

Foto | Nikater (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

Giorgio Podestà

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