Il mio assassino

Daniel Pennac svela l’origine di un personaggio memorabile: Il mio assassino

La sua e la nostra libreria. Da vari decenni. All’inizio degli anni Cinquanta c’è il 14enne “Bambino Lassalve” (scritta appesa al collo) seduto sul treno da Châlons-sur-Marne alla Gare de l’est di Parigi. Ha una cartella in mano, legge un libro, sarà poi effettivamente “ricezionato” dal padre e dalla madre.

Non si chiama così, però. I presunti genitori sono attori, lui sta per intraprendere una carriera criminale e, soprattutto, dovrebbe essere solo un personaggio letterario.

Sette decenni dopo ritroviamo lo stesso “figuro” a fine percorso. Da tempo fa prevalentemente l’assassino, noto ai suoi uomini con il soprannome di Nonnino, ormai è vecchio ed è entrato in contatto con la tribù Malaussène, giunta al capolinea in due successivi straordinari romanzi.

Il mio assassino

Quando l’autore ha messo il punto finale al primo non aveva la benché minima idea di quale sarebbe stato il contenuto del secondo, anche perché erano subentrati altri progetti: raccontare il fratello nel frattempo morto, scrivere sul sogno e su Federico Fellini, necessità di narrazioni urgenti divenute presto ossessioni.

Poi, nel  seguito pratico del Signor Malaussène, il gangster Nonnino, età vetusta e voce dolce, amante di gratin dauphinois, violento e implacabile, conversa con lo scagnozzo Kebir (ha un esercito colto e fedele di delinquenti ai suoi ordini, li ha educati alla verità cash e formati professionalmente, li guida con risolutezza nera) sul modo in cui si è svolta una precedente operazione criminosa (il rapimento dei Lapietà) e subito s’impadronisce del romanzo, accompagnandoci in una lunga storia del settembre 2021, fra anfratti e risvolti di tutte le precedenti sei avventure dell’intera tribù allargata del capro espiatorio più famoso al mondo, il nostro caro Benjamin.

Il memoir di Daniel Pennacc

Ora è il momento di scoprire l’infanzia del vecchio assassino e, più in generale, come sono nati gran parte dei personaggi della Saga, derivanti in vario modo da amici e parenti dell’autore, alcuni morti (presenti in spirito e foto su scaffali della libreria).

Daniel Pennac (Casablanca, 1944) mette il punto esclamativo sul cerchio chiuso dei veri e propri magnifici sette romanzi di realismo magico dedicati al mitico capro espiatorio.

Questo è un memoir binario, in terza sul presunto assassino della serie (da cui il titolo), alternativamente in prima con Pennac che espressamente spiega:

qual è la prima molla che fa dell’amico il personaggio di un romanzo? Il desiderio dell’autore di godere ancora della sua compagnia. Prolungo la tua presenza, amico mio, non per darti un qualche lustro quaggiù (né tu né io tenevamo in gran conto qualsiasi modesta gloria terrena, così come non credevamo nell’eternità dei cieli), ma perché tu mi tenga compagnia fino alla mia personale dipartita; è il minimo.

In questo delizioso delicato breve testo non troverete la sistematicità di riassunti, figure genealogiche, repertori delle denominazioni e definizioni dei mitici personaggi seriali “inventati” (ben oltre il centinaio), citati o evocati.

Stile e struttura de Il mio assassino

La narrazione s’avvia in terza persona su Nonnino giovincello. Segue poi lo stesso autore in prima (non Ben, come nei romanzi). Del resto “scrivere è proprio questo: raccontare il seguito”.

Con il primo colpo Nonnino (un soprannome, con la minuscola, dato a lui da una ragazza attrice, dalla sorella e dal fratello adottivo “superstite del mar Mediterraneo”) diventa definitivamente un falsario ladro ricattatore omicida.

Pennac chiacchiera su aspetti dei tempi e dei luoghi della propria biografia (affetti antichi e costanti), soprattutto di uomini e di donne “reali” da cui ha tratto spunto per la finzione, a cominciare dai due direttori della Série Noire della casa editrice Gallimard, Robert Soulat e Christian Mounier, che pubblicarono il primo romanzo giallo-noir all’inizio degli anni Ottanta, e dall’editrice Isabelle, che quasi contemporaneamente pubblicò i primi due romanzi per l’infanzia, di malavoglia il magnifico secondo.

L’importanza delle letture

Ovviamente, pure alcune letture contarono molto. Il personaggio “l’ho attinto da René Girard e poi l’ho calato nel romanzo noir” (cita Chandler, Burnett, Westlake, Cook, Thompson con refuso non suo, Bialot, McBain, Himes, Charyn, da bambino Andersen, Dumas, Dickens, Dostoevskji, Mérimée).

Interessante la teoria del “bambino completo”. Pennac si riferisce a Nonnino, introverso e precoce, intelligenza eccezionale, ottima grafia e motivatamente un gran disegnatore (come lo stesso autore).

Segnalo la Pensione Letteratura per noi eccessivi scrittori impenitenti (anche non di fiction), a pagina 114.

Dopo aver letto a voce alta alla moglie Minne (Julie?) la prima versione della Fata Carabina “se ne sono andate centosessanta pagine” (meditiamo, meditate)! Splendido.

Il libro

Daniel Pennac
Il mio assassino
traduzione di Yasmina Melaouah
Feltrinelli, 2024

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Valerio Calzolaio

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