Temo che Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij appartenga alla, ahinoi, nutrita e poco lusinghiera lista dei libri che spesso spacciamo per letti, magari per non sfigurare in società, ma che in realtà ci guardiamo bene dal leggere.
I motivi sono facili da individuare. Già i cosiddetti classici possono indurre il potenziale lettore alla fuga con una certa facilità.
Tanto più il fenomeno si verifica con i romanzi dei grandi autori russi. Tali testi non mancano di incutere timore e un pregiudiziale senso di noia in alcuni, anzi temiamo molti, lettori; vuoi per le dimensioni di libri pur famosissimi e celebrati; vuoi per quella che viene avvertita come una distanza all’apparenza incolmabile tra l’epoca attuale e il periodo storico nel quale sono stati scritti e ambientati certi libri.
I grandi romanzi non invecchiano
Eppure dovremmo sforzarci di superare queste paure e ritrosie, dal momento che i grandi romanzi — come accade, ampliando il nostro orizzonte, anche per il teatro classico, dalla tragedia greca in poi — per nostra fortuna non subiscono troppo l’onta del tempo.
È il caso di Delitto e castigo, il capolavoro di Fëdor Dostoevskij oggetto di questa nostra recensione. A dispetto infatti dell’età e dell’ambientazione del romanzo, l’opera è modernissima per i temi trattati, sempre attuali, e per la grande introspezione psicologica dei personaggi. Le recenti traduzioni, poi, fanno rifulgere ulteriormente la bellezza del libro, a patto naturalmente che si abbia la forza di non interromperne la lettura.
Delitto e castigo: una lettura impegnativa ma di grande soddisfazione

Inutile negarlo. Delitto e castigo richiede un certo impegno al lettore, e non solo per la lunghezza dell’opera, che, a seconda delle edizioni, può superare le 700 pagine.
Con ciò non vogliamo certo affermare che si tratti di una lettura insostenibile. È però innegabile che nel romanzo non mancano lunghe dissertazioni di varia natura, specie nel riferire le motivazioni del protagonista, come pure riflessioni e commenti di natura socio-politica o di morale attorno ai comportamenti dei vari personaggi.
Il problema dei nomi e dei riferimenti toponomastici
Un’altra complicazione, e non da poco, riguarda l’utilizzo di espressioni russe, o il riferimento quasi pedante a vie e quartieri di Pietroburgo, città ove è ambientata la storia, che può risultare in effetti ultroneo.
Peggio ancora, l’autore riporta i nomi dei vari personaggi utilizzando diminutivi, vezzeggiativi e persino diminutivi dei diminutivi. Non sempre è agevole raccapezzarsi. Un esempio, la sorella di Raskolnikov, chiamata indifferentemente con ben tre nomi: Avdotja, Dunja e Dunjetscka.
Onde non spazientirsi troppo, al punto da abbandonare addirittura la lettura, consigliamo vivamente di farsi uno specchietto con elencati tutti i nomi dei vari personaggi man mano che si incontrano.
La trama di Delitto e castigo
Il romanzo, che possiamo tranquillamente ascrivere al genere giallo o poliziesco, racconta la tormentata vicenda dell’ex studente Rodion Romanovič Raskolnikov. Il giovane, obbedendo a deliranti motivazioni di vago stampo superomistico, decide di compiere un crimine efferato.
Dal fatto scaturirà un’inchiesta da parte di un astuto e affascinante magistrato, Porfirij Petrovič. Attorno alla vicenda ruota una pletora di personaggi: la famiglia del protagonista, costituita dalla madre e dall’angelica sorella, Avdot’ja Romanovna Raskol’nikova; l’amico fraterno Dmitrij Prokof’evič Vrazumichin e molti altri, che lasceremo scoprire dal lettore nel corso della lettura.
Lettore che vogliamo tranquillizzare, dal momento che l’intreccio giallo funziona bene e la narrazione non manca di mordente, grazie anche all’ambientazione di grande suggestione. I luoghi sono squallidi, miseri, bui, come l’animo travagliato dei tanti personaggi che popolano il libro.
Il tema della colpa e dell’espiazione
Il romanzo, tra i più celebri della letteratura russa, è un capolavoro d’introspezione psicologica per la profondità con cui l’autore indaga nell’animo dei vari personaggi, specie del protagonista. E tuttavia non manca di uno spietato realismo nel rappresentare la dilagante miseria materiale e morale della Pietroburgo della seconda metà dell’Ottocento.
Semplificando molto, si potrebbe affermare che l’intera vicenda sia finalizzata a rappresentare il cammino tortuoso e sofferto di un uomo verso l’espiazione.
L’aspetto religioso
Il richiamo alla religione nel processo di pentimento e redenzione del protagonista gioca un ruolo decisivo. Affidato perlopiù ai personaggi femminili, diviene evidente soprattutto nella parte finale del romanzo.
Non a caso lo stesso Papa Francesco, nel corso di una recente e per certi versi spiazzante intervista televisiva, ha riconosciuto in Dostoevskij un maestro al quale affidarsi nel tentativo di comprendere la natura e le ragioni della persistenza del Male nel mondo.
Foto | Vasilij Grigor’evič Perov via Wikimedia